Il fotovoltaico che si autoripara
Esistono diversi percorsi per ridurre i costi del fotovoltaico. I più conosciuti sono quelli che mirano ad aumentare l’efficienza di conversione oppure a facilitare le tecniche produttive e a impiegare materiali economici. Una squadra di fisici guidata dal professor Keith McKenna dell’Università di York, ha scoperto e scelto una strada alternativa. Il gruppo sta lavorando sui materiali solari autorigeneranti, ossia in grado di riparare da soli eventuali danni.
Una soluzione che costituisce una promessa eccezionale per applicazioni fotovoltaiche e foto elettro-chimiche. I risultati del lavoro svolto dal gruppo, potrebbero permettere di progettare celle e pannelli capaci di auto-ripararsi e, in futuro, anche di durare più a lungo degli attuali 25-30 anni.
Nel lavoro, pubblicato su Advanced Electronic Materials, gli scienziati riportano i risultati ottenuti con il seleniuro di antimonio, materiale già noto alla ricerca fotovoltaica. Questo composto è stato già testato nella produzione di celle solari a film sottile dove ha raggiunto un’efficienza di conversione della luce in elettricità del 9,2%. L’aspetto più interessante al centro della nuova ricerca è la sua capacità di ricostruire i legami spezzati.
Spiega Mckenna: “Il processo mediante il quale questo materiale semiconduttore si auto-guarisce è abbastanza simile al modo in cui una salamandra è in grado di rigenerare gli arti quando uno di questi viene reciso. Quando danneggiato, il seleniuro di antimonio ripara i legami rotti formandone di nuovi. Questa capacità è tanto insolita nel mondo dei materiali quanto nel regno animale e ha importanti implicazioni per le applicazioni in optoelettronica e fotochimica”.
L’articolo riporta come la rottura dei legami in molti altri materiali semiconduttori di solito si traduca in scarse prestazioni. I ricercatori citano come esempio un altro semiconduttore, il CdTe, che deve essere trattato chimicamente per risolvere il problema.
Il professor McKenna ha aggiunto: “Abbiamo scoperto che il seleniuro di antimonio e un materiale strettamente correlato, il solfuro di antimonio, sono in grado di guarire velocemente i legami rotti sulle superfici attraverso ricostruzioni strutturali, eliminando così gli stati elettronici problematici. Questa scoperta – aggiunge – troverà applicazioni in elettronica, fotochimica, fotovoltaico e optoelettronica”.